A pochi chilometri da Firenze, tra il rincorrersi delle colline, gli alti cipressi, lo sfondo delle vette e dei passi si estende il territorio del Mugello. Acque chete, paesaggio ameno, gente affabile, tranquilla e laboriosa, cibi genuini, i Luoghi dei Medici, le Ville storiche, il tutto alle porte di Firenze. Storia, cultura, qualità dei servizi, in un rinnovato rapporto con la natura, questo è ciò che offre il Mugello.
Ottima è l’accessibilità in pullman e in auto alle diverse località del territorio: l’autostrada A1 consente uscite al casello di Barberino di Mugello. Numerose e interessanti sono anche le strade statali e locali. Il vecchio e affascinante tracciato ferroviario della “Faentina” consente di accedere al territorio della “Unione montana dei Comuni del Mugello” sia dal versante romagnolo partendo da Faenza, sia dalla Toscana partendo da Firenze. Alcune linee di trasporto pubblico locale permetteranno gli spostamenti all’interno della zona.
Il territorio riunisce due aree geografiche: il Mugello propriamente detto e l’Alto Mugello o Romagna Toscana. La valle del Mugello fa riferimento alla parte medio superiore del bacino idrografico del fiume Sieve: è un’ampia conca delimitata a Nord dal principale spartiacque appenninico (dal Monte Citerna al Giogo di Villore), a Sud dai contrafforti del Monte Giovi e del Monte Senario, chiusa ad ovest dai Monti della Calvana oltre i quali si estende la Provincia di Prato. Qui troviamo i borghi di San Piero a Sieve, Barberino di Mugello, Scarperia, Borgo San Lorenzo, Vicchio e Dicomano.
Il paesaggio mugellano è complesso: dalle fitte boscaglie dei crinali regno del cinghiale, del capriolo e della volpe, alle zone dei castagneti e dell’olivo, dalle ampie superfici pianeggianti dei vecchi terrazzi limitate da scarpate coltivate a grano e girasole, al fertile fondovalle dove sono ubicati i principali centri abitati e le vie di comunicazione. A nord, fra i crinali del Mugello e i passi che scendono verso Bologna e la Romagna, nella parte alta dei bacini del Santerno, del Senio e del Lamone, troviamo l’Alto Mugello con Firenzuola, Palazzuolo sul Senio e Marradi. I grandi sassi e le vette, pur superando di poco i 1000 metri d’altitudine, disegnano quinte e profili massicci, talora imponenti. Il panorama è dominato da incontaminati boschi di faggio, castagno, quercia, da grandi pascoli interrotti a volte da cespugli di ginepro, da affioramenti di pietra. La purezza delle acque e la rigogliosa vegetazione riparia di queste valli sono l’habitat giusto per moltissime specie di uccelli e di pesci. Il clima è di transizione tra quello rigido della Pianura Padana, dove i venti freddi spaziano liberamente scendendo dai contrafforti delle Alpi, e quello più mite, mediterraneo tipico dell’Italia centrale. La conca del Mugello, subito sotto i gioghi più alti della catena montuosa, è spesso punto di incontro dei venti freddi di tramontana con quelli caldi umidi di libeccio, scirocco e ponente: questo fa sì che in inverno le nebbie portate dai secondi siano spesso spazzate via dall’altro, o che in estate sia questo a mitigare il caldo umido che quelli portano.
La tradizione vuole che sia stata la tribù ligure dei Magelli ad abitare per prima la zona, ma sicuramente, quando questi vi giunsero, prima dell’invasione etrusca, già altri popoli risiedevano stabilmente nell’area. Nei pressi di Galliano, Barberino di Mugello, Londa e San Piero a Sieve, sono stati trovati infatti alcuni insediamenti umani che risalirebbero addirittura al paleolitico. Casomai gli studiosi concordano nel mettere in relazione il nome di questa tribù con l’origine del termine “Mugello” impiegato già in fonti letterarie del VI secolo d.C. per identificare la regione. Ai Magelli seguirono dunque gli etruschi che, con molta probabilità, tracciarono un primo abbozzo della rete viaria dell’area. Una serie di percorsi che univano in origine Fiesole a Felsine — l’attuale Bologna — e che poi ampliati e migliorati dai romani hanno avuto una grande importanza nella storia del Mugello. Del popolo etrusco restano numerose tracce come ad esempio il piccolo idoletto in bronzo raffigurante “una donna con cuffia puntuta, lunga veste aderente, in atto di camminare” trovato nel 1870 in un pozzo presso Ronta (Borgo San Lorenzo). Oppure i numerosi frammenti fittili restituiti dal fosso delle “Rovinaie” e l’importante sito archeologico di “Poggio Colla” nei pressi di Vicchio. L’insediamento romano nel Mugello si fa risalire al III-IV secolo a.C. Anch’esso fu piuttosto diffuso sul territorio come testimonia il ritrovamento qua e là dei numerosi reperti archeologici (monete, urne sepolcrali, resti di tombe e muraglie) e la ricorrenza frequente di toponimi che presentano la terminazione prediale in -ano e -ana come ad esempio Cerliano, Figliano, Marcoiano, Galliano e Lucignano che derivano direttamente dalla pratica fiscale e amministrativa romana. Tuttavia il Mugello in quest’epoca non ebbe un ruolo centrale nel contesto dell’impero, probabilmente l’ambiente collinare mal si adattava alle colture a carattere estensivo tipiche dell’età imperiale e quindi rimase un’area marginale. Nel 476, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, tutta l’Italia subisce le invasioni dei popoli germanici e le notizie sul Mugello si fanno vaghe. La vicina Firenze, se era riuscita a sfuggire di misura alle orde di Radagaiso, schiacciato sotto le mura della città da Stilicone nel 406, sarà distrutta invece dall’ostrogoto Totila nel 552 e alla fine del VI secolo cadrà sotto il dominio longobardo come del resto gran parte dell’Italia settentrionale e centrale. Resteranno fuori dal regno longobardo solo i territori che coincidono con l’attuale Lazio, parte dell’Umbria e il versante adriatico da Venezia ad Ancona fino al crinale appenninico che rimarranno in mano agli esarchi bizantini rimasti a Ravenna. Dunque il Mugello si trova ora in un’area di confine, oggetto di forti tensioni e continui colpi di mano da parte dei due eserciti nemici. E se un tempo costituiva un’importante via di comunicazioni verso il nord adesso l’instabilità dell’area consiglia ai re longobardi a utilizzare per i loro spostamenti un passaggio più sicuro a occidente, attraverso la Cisa, facendo così crescere l’importanza della strada che, venendo da Milano e Pavia attraversa Piacenza e sbocca a sud oltre gli appennini a Sarzana. La cosiddetta via Francigena che diverrà poi in questo modo l’asse principale delle comunicazioni tra i paesi del nord-ovest europeo e Roma. La capitale stessa del ducato longobardo di toscana diverrà Lucca, attraversata appunto da questa strada e ciò relegherà Firenze, e insieme con essa il Mugello che nei secoli successivi ne condividerà in gran parte le sorti, ancora a un ruolo secondario. Almeno fino alla conquista del regno longobardo da parte dei Carolingi. Un proclama di Carlo Magno conferisce nell’801 alla famiglia degli Ubaldini la “signoria del gioioso paese del Mugello”. I Carolingi, dopo la conquista del regno longobardo, instaurarono in Italia una gerarchia articolata essenzialmente su due livelli. Ossia costituita da un conte, che amministra un territorio coincidente con quello della diocesi, e da semplici signori, vassalli del conte e del re, che presidiano e dirigono il proprio dominio sul modello del sistema curtense. Una gerarchia alla quale faceva poi da contrappunto il governo ecclesiastico la cui struttura amministrativa, ereditata direttamente dalla giurisdizione romana, ruotava attorno alla pieve. Entrambi espressione di un potere feudale che caratterizzò tutta la Toscana altomedievale e con essa pure il Mugello, dove il fenomeno è testimoniato anche dal fiorire proprio in questo periodo di numerosi centri fortificati, conseguenza diretta dell’affermarsi di potenti signori locali. Nel Mugello del IX secolo troviamo appunto le famiglie degli Alberti e degli Ubaldini che dominano nel settore centro-occidentale e l’autorevole famiglia dei Conti Guidi, signori incontrastati del Casentino, che prevale invece a oriente. Ben presto però questi rappresentanti del potere feudale si troveranno in aperto conflitto con le mire espansionistiche di Firenze. Già nell’854 Lotario I riunisce in un unico corpo le contee di Firenze e Fiesole decretando di fatto la decadenza di quest’ultima. Firenze è ora in piena crescita economica, con un contado grande pressappoco il doppio delle altre contee toscane che si estende dalla sommità dell’Appennino a nord, fino ai dintorni di Siena a sud e dalla contea di Arezzo a est a quella di Pistoia a ovest. Tra l’altro Firenze in questo periodo divenne teatro di fatti importanti e fautore di primo piano della riforma di una chiesa caduta nelle mani dei laici. Fu infatti il fiorentino Giovanni Gualberto, fondatore del monastero di Vallombrosa, trovando l’appoggio della gran massa della popolazione, che in breve diede vita al primo grande ordine riformatore italiano (1038) e anche in seguito sarà di nuovo la comunità fiorentina a sostenere la contessa Matilde, marchesa di Toscana, e con essa papa Gregorio VII nel drammatico conflitto che oppone la chiesa a Enrico IV. In questo frangente le truppe imperiali assedieranno la città per dieci giorni ma alla fine saranno costrette a ritirarsi umiliate e una tale vittoria, la resistenza al più prestigioso degli assalitori, farà entrare a pieno titolo Firenze nella storia. Nel XII secolo la comunità fiorentina è ormai maturata, ha preso consapevolezza di sé e della sua forza e, anche in virtù dei privilegi concessi dalla contessa Matilde e la contemporanea scomparsa di figure cardine del potere, inizia ad affrancarsi con decisione dall’autorità costituita per rappresentare autonomamente e pienamente Firenze e il suo contado. È significativo sottolineare che la prima azione messa in atto da questa forma embrionale del libero comune fiorentino è la presa e la distruzione dell’antica Fiesole, di cui rimarranno in piedi solo la cattedrale e la dimora del vescovo. Una brutale affermazione di supremazia della quale tutti i contemporanei prenderanno coscienza. Firenze stava dunque diventando una città stato indipendente. Ma se acquistare una certa autonomia politica era stato facile, vista la lontananza dell’autorità imperiale, altrettanto non lo era il controllo diretto del contado. Feudatari grandi e piccoli, laici ed ecclesiastici, rappresentanti dell’impero in un clima di totale anarchia esercitavano di fatto il controllo delle risorse del territorio e delle strade. Ostacolando la crescita della città e provocando inevitabili situazioni di conflitto. I feudatari del contado da una parte e la borghesia mercantile cittadina dall’altra rappresentavano non solo due ceti sociali diversi ma soprattutto interessi economici opposti che escludevano una possibilità di accordo tra le parti. Da un lato la città in rapida crescita economica necessitava di vie sicure e libere per i suoi commerci mentre i signori del contado tentavano di riaffermare il loro dominio del territorio con dazi e scorrerie. La sopravvivenza dell’uno avrebbe rappresentato sempre e comunque una minaccia per l’altra. Significativa fu la lotta tra Firenze e la famiglia degli Ubaldini sempre pronta a dar battaglia e ad allearsi con tutti i nemici della città. Il Mugello era una tappa obbligata per tutte le merci e i mercanti che si recavano in Emilia e in Lombardia e quindi un nodo nevralgico per gli scambi verso nord. La lotta fu dunque lunga e spietata. La rocca di Montaccianico, il più potente castello degli Ubaldini, posto a guardia di una strada già tracciata in epoca romana e che proprio con lo sviluppo del capoluogo toscano nel XII secolo aveva iniziato ad assumere importanza, fu distrutta una prima volta nel 1258 e subito ricostruita con un doppio giro di mura. La città ritornò dunque all’attacco con due massicce spedizioni nel 1272 e nel 1273, ma senza fiaccare la potenza della famiglia feudale tanto che nel 1302 le ostilità furono di nuovo aperte. Questa lotta secolare avrebbe potuto durare all’infinito se nel 1306, con un piano preordinato e già sperimentato con successo nel Valdarno nel 1299, di concerto con l’ennesimo assedio e l’ennesima distruzione del castello, la Repubblica fiorentina non avesse provveduto a fondare due “Terre nuove”: Castel San Barnaba, poi divenuto Scarperia, e Firenzuola. Un progetto questo ben definito e studiato nei minimi dettagli che mirava a catalizzare le forze amiche disperse sul territorio e a sottrarre allo stesso tempo quelle dell’avversario concedendo a coloro che avessero abitato le nuove colonie libertà, protezione e promessa di sviluppo. Nonché allettanti e concreti vantaggi immediati come, ad esempio, l’esonero dal pagamento di qualsiasi tassa per un periodo di dieci anni. Pare che Firenzuola abbia assorbito le due comunità di Tirli e Bordignano, mentre ad alimentare la popolazione di Scarperia furono gli abitanti di Sant’Agata, Fagna, San Giovanni Maggiore e Ferrone. Non molto diverso fu poi l’epilogo sul fronte orientale dove, dopo aver diroccato i castelli di Ampinana, Gattaia, Filiccione e Montesassi appartenuti alla famiglia dei Conti Guidi, la repubblica Fiorentina decise di fortificare nel 1324 le poche case edificate dagli esuli di questi castelli su una modesta altura a ridosso della Sieve, dove sorge oggi Vicchio, e di prendere sotto la sua protezione gli abitanti. Nel corso dei secoli XIV e XV la regione attraversò un lungo periodo di relativa prosperità, dovuta anche alle numerose proprietà fondiarie d’importanti e facoltose famiglie contadine, tra le quali spicca quella dei Medici. Originari del Mugello i Medici qui investirono ingenti risorse finanziarie per consolidare la propria presenza attorno a Firenze. Durante il periodo del granducato mediceo il territorio conobbe alti e bassi ma fu sostanzialmente trascurato e impoverito, anche a causa della frequenza di carestie e pestilenze che, sovente, si associavano ad eventi bellici. Col successivo granducato lorenese, e soprattutto ad opera di Pietro Leopoldo di Lorena (al quale si deve, tra l’altro, l’apertura della strada del Muraglione), il Mugello fu interessato da una rifioritura economica e da una riforma amministrativa con la quale furono abolite le leghe ed il Vicariato di Scarperia e, soprattutto, numerose confraternite e compagnie religiose. Infine, nel 1860, a seguito del plebiscito, il Mugello (con tutta la Toscana) fu annesso al regno di Sardegna con cui ha inizio la storia più recente del territorio.